PUNTO CONDOR. Ustica il processo.

Daniele Biacchessi- Fabrizio Colarieti
Pendragon 2002

 

27 giugno 1980, cade di venerdì. Aeroporto Guglielmo Marconi di Bologna. Sono le 17:30. Il caldo quasi non si sente, un forte temporale rinfresca l’aria, pioggia d’estate, nulla di più. I bocchettoni dell’aria condizionata raffreddano il salone dell’aeroporto. I taxi scaricano passeggeri con valigie e pacchi. Sembrano non avere fretta alcuna.
L’orario di partenza previsto del DC9 IH870 dell’Itavia per la tratta Bologna-Palermo è fissato alle 18:15. Chi legge un giornale, chi si guarda intorno, chi si reca al duty free. Un profumo, una stecca di sigarette, l’ultimo settimanale, il libro, il quotidiano che non si è potuto leggere al mattino.
Ottantuno persone, sessantatré adulti, tredici bambini, due piloti, due assistenti di volo. Luigi Andres è un medico dentista. Con lui c’è Cinzia Benedetti, appena laureata in lingue all’Università di Pavia. Francesco Baiamonte commercia in carni. Paola Bonati amministra la società Emir. Alberto Bonfietti, insegnante di scuola media a Mantova, giornalista del quotidiano Lotta Continua. Alberto Bosco si occupa di macchinari per l’estrazione del marmo, come Andrea Guarano. Maria Vincenza Calderone torna nella sua casa a Palermo. Giuseppe Cammarata è un carabiniere, proprio come Giacomo Guerino. Arnaldo Campanini è un esperto di macchine per l’industria alimentare. Antonella Cappellini è avvocato. Accanto a lei c’è Guelfo Gherardi e molte, molte altre persone.
Nomi comuni, volti che puoi incontrare al supermercato, al bar, allo stadio di domenica, vicini di tavolo in una trattoria, a un concerto. Nomi, cognomi e mestieri.
Il DC9 dell’Itavia IH870 ha volato per tutto il giorno, ma gode comunque di buona salute. L’aereo imbarca i passeggeri all’aeroporto Guglielmo Marconi di Bologna-Borgo Panigale. È la sua ultima fatica.
20:08. Il volo DC9 Itavia decolla da Bologna con centotredici minuti di ritardo. La torre di controllo gli ha già assegnato un numero di identificazione: IH870. Sale sull’aerovia Ambra 12: «Itavia 870, il decollo agli 8, cambi con Padova Informazioni… Con Padova fin d’ora la 870, arrivederci Bologna.»
Pochi secondi e il pilota si collega con Padova Informazioni: «Padova buonasera, è la 870… Itavia 870, prosegua come autorizzato, richiami Firenze».
20:20. Il DC9 si trova ormai allineato al radiofaro di Firenze. Il pilota prende contatto con Roma Ciampino: «Buonasera radar di Roma, è l’IH870… Buonasera anche a lei, 870… Inserisca 1136 sul transponder ed è autorizzato a Palermo via Bolsena, Puma, Latina, Ponza, Ambra 13… 1136 sta arrivando per lei, a Palermo come da piano di volo, è su Firenze, praticamente, mantiene 190».
20:23. Il DC9 IH870 vira a sinistra e imbocca Ambra 14, l’autostrada del cielo che percorre la dorsale appenninica verso sud. Il sole sta calando dietro la linea dell’orizzonte, ma per il tramonto c’è ancora bisogno di vento. Per i passeggeri sono risate e discorsi, pensieri e ricordi, angosce e dubbi. Quelli di una vita.
20:26. Il volo del DC9 sembra inarrestabile. Il pilota comunica ancora con il radar del centro di controllo di Ciampino: «870 identifichi… Arriva… Ok, è sotto radar, vediamo che sta andando verso Grosseto, che prua ha? La 870 è perfettamente allineata sulla radiale di Firenze, abbiamo 153 in prua. Ci dobbiamo ricredere sulla funzionalità del VOR di Firenze… Sì, in effetti non è che vada molto bene… Allora ha ragione il collega… Sì, sì pienamente… Ci dica cosa dobbiamo fare… Adesso vedo che sta rientrando, quindi, praticamente, diciamo che è allineato, mantenga questa prua… Noi non ci siamo mossi, eh?».
20:40. L’aereo giunge all’altezza di Roma, è spostato leggermente a est sull’incrocio tra le aerovie Ambra 14 e Green 23. Per le carte militari aeronautiche il punto si chiama Puma. Vira a destra, abbandona Ambra 14 e taglia verso il mare, sorvola Pratica di Mare ed è sopra la lunga distesa di acqua: «È la 870, buonasera Roma… Buonasera 870, mantenga 290 e richiamerà 13 Alpha… Sì, senta, neanche Ponza funziona?… Prego?… Abbiamo trovato un cimitero stasera, venendo da Firenze in poi, praticamente non ne abbiamo trovata una funzionante… E sì, in effetti è un po’ tutto fuori, compreso Ponza, lei quanto ha in prua ora?… Manteniamo 195… 195, sì, va bene, mantenga 195, andrà un po’ più giù di Ponza, di qualche miglio… Bene, grazie… E comunque 195 potrà mantenerlo, io penso, ancora un 20 miglia, non di più, perché c’è molto vento da ovest, al suo livello dovrebbe essere di circa 100-120 nodi l’intensità… E sì, in effetti sì, abbiamo fatto qualche calcolo, dovrebbe essere qualcosa del genere… Ecco, non lo so, se vuole continuare ancora con questa prua, altrimenti accosti a destra anche un 15-20 gradi… Ok, mettiamo per 210».
20:46. Il DC9 a questo punto chiede di scendere di livello a 25.000 piedi. Ottiene l’autorizzazione: «È la 870, è possibile avere 250 di livello?… Sì, affermativo, può scendere anche adesso… Grazie, lasciamo 290».
20:50. Il DC9 è sull’isola di Ponza, la sorvola e imbocca Ambra 13 che va giù fino a Tripoli, in Libia, passando per Palermo Punta Raisi dove l’aereo è atteso per le 21:13. Roma Radar vede l’aereo passare leggermente spostato a ovest dell’isola e chiede al pilota di richiamare su Ambra 13 Alfa, 80 chilometri più a sud di Ponza.
20:57. Il pilota del DC9 esegue, richiama dal punto Alfa dove termina il servizio e la copertura del centro di controllo di Roma. È l’ultima comunicazione del DC9 con Ciampino: «115 miglia per Papa Alpha… per Papa Romeo Sierra, scusate, mantiene 250… Ricevuto, IH870, e può darci uno stimato di Raisi?… Sì, Raisi lo stimiamo intorno ai 13… 870, ricevuto, autorizzati a Raisi Vor, nessun ritardo è previsto, ci richiami per la discesa… A Raisi nessun ritardo, chiameremo per la discesa, 870… Corretto».
20:58. Il volo IH870 si trova a metà circa tra Ponza e Ustica. Il pilota chiama la torre di controllo di Palermo Punta Raisi: «Calma di vento, temperatura 23, autorizzati ai 15, altimetro 1013… Molto bene».
20:58. Le grandi parabole della difesa aerea seguono l’aereo. Il DC9 è nulla di più di un puntino che si muove in mezzo ad altre tracce tutte ancora da decifrare, altri aerei, un traffico fuori dal comune. Al sito di Marsala, un sottufficiale sta proprio davanti allo schermo, segue tutti i punti che si spostano in lungo e in largo del Tirreno. Per il DC9 Itavia IH870 è già pronto un codice di identificazione della rete militare, AJ421: «Sta’ a vedere che quello dietro mette la freccia e sorpassa… quello ha fatto un salto da canguro».
20.59. Punto Condor. Prima una barzelletta e una risata. Alla fine quella del comandante del DC9 Domenico Gatti sarà l’ultima parola ingoiata di traverso. Forse vede qualcosa di inverosimile, lo stupore, la lingua piegata sul palato, neanche una frase, le mani che non rispondono, nemmeno il cervello, la radio proprio non riesce ad attivarla. La paralisi. Una frazione di secondo. Un attimo: «Gua…».
Poco dopo le 21. «Itavia 870, Do you read?» Terminano così le chiamate verso il DC9, nel giorno in cui la nostra coscienza nazionale è sprofondata negli abissi del mar Tirreno.

 

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Gian Paolo Serino, La Repubblica.

“Daniele Biacchessi racconta un’Italia che sembra ormai vivere in una perenne ri(e)mozione forzata. Con la voce e la potenza di uno scrittore che è l’unico erede della narrativa civile di Pier Paolo Pasolini.”

Bruno Ventavola, La Stampa.

“Non gli servono effetti speciali. Bastano la sua voce e la musica di un paio di amici. Perché è la storia d’Italia, quella più fosca, più scomoda, più vergognosa, ad accapponare la pelle del pubblico.”

Lionello Mancini, Il Sole 24ore.

“Le pièce teatrali d’impegno civile di Biacchessi vorrebbero essere un contributo a scostare le ante del Paese da quel muro che ne impedisce l’apertura «perché – riflette l’autore – una società che non può fare i conti col passato, non comprende il proprio presente e non può progettare il futuro.”

Diego Carmignani, Terra.

“Il suo stile comunicativo usa moduli differenti, spaziando tra musica e teatro. Quanto ai contenuti, resta coerente con l’idea che linguaggi diversi possano rendere più efficace la ricostruzione e la denuncia delle tante malefatte italiane. In nome di una verità che dovrebbe coincidere con la giustizia.”

L’Eco di Bergamo.

“La parola di Daniele Biacchessi è netta. Intagliata in una voce pastosa e un filo affannata, perfetta per la radio, ma non priva di efficacia in scena.“

Maddalena Tuffarulo, Tabloid.

“La sua vitalità artistica è un continuo fluire tra teatro e musica. Due mondi paralleli e di medesima estensione della sau poliedrica identità che da sempre corre su tre binari: ricerca della verità, memoria e identità, ovvero le persone al centro dei racconti“

Andrea Liparoto, Anpi.it

“Daniele, allora, porta in giro per l’Italia il suo racconto con un tenace piglio da fresco cantastorie della memoria che attira e tira verso promettentissime prospettive di rigenerazione. Scrive all’inizio del libro “Orazione civile per la Resistenza: “Dedico questo libro agli studenti che nei teatri e negli auditorium sono venuti in camerino a cercare da me spiegazioni, percorsi bibliografici e informatici… A quanti in silenzio hanno ascoltato le mie narrazioni”. Gli studenti, i ragazzi.“

Davide Turrini, Il Fatto Quotidiano.

“Storia, e orazione, intessute prima di tutto dai luoghi delle stragi (da Boves in Piemonte all’Hotel Meina sul Lago Maggiore, da Marzabotto a Sant’Anna di Stazzema fino alle Fosse Ardeatine), poi di date e di cifre di morte. Numeri disegnati col sangue di partigiani e semplici civili, donne, vecchi e bambini, condannati a morte da un esercito invasore che in un triennio esercitò un’inaudita violenza cancellando dalla faccia della terra l’essenza stessa del senso dell’esistenza umana.“

Mario Avagliano, storico.

“Biacchessi è curioso, un cercatore di verità. Da buon cronista, si era sempre chiesto chi fosse il fascista con le mani dietro la nuca , trascinato per le strade di Milano da alcuni partigiani armati, ritratto nella fotografia sulla copertina del saggio “Il sangue dei vinti” di Giampaolo Pansa. Nella didascalia del libro di Pansa, in seconda di copertina, si parla genericamente di “fascista ucciso il 28 aprile 1945”. Biacchessi non si è accontentato. Così è andato negli archivi e si è messo alla ricerca di questa immagine. Scartabella che scartabella, eureka!, l’ha trovata. Ed ha scoperto che si trattava di Carlo Barzaghi, l’autista di Franco Colombo, il comandante della legione autonoma mobile Ettore Muti di Milano. Barzaghi non è quindi un fascista qualsiasi, un innocente ucciso nei giorni dell’aprile 1945. È un esponente di spicco della Repubblica di Salò e si è macchiato di vari reati.“

Laura Tussi, Peacelink.

“Biacchessi dedica l’Orazione Civile per la Resistenza ai giovani che ha incontrato al termine dei suoi spettacoli di teatro civile. A tutti i giovani che gli hanno fatto perdere treni per soddisfare domande, dubbi e che hanno implicitamente o anche involontariamente, suggerito idee, richiesto spiegazioni, percorsi bibliografici e informatici e che hanno ascoltato in silenzio le narrazioni.”