Daniele Biacchessi
INEDITO
Siae Olaf (2004)
Una stanza spoglia, con un tavolo al centro, due sedie, un telefono non funzionante, pareti grigie, non più dipinte da alcuni anni, le persiane abbassate per non vedere il cielo e le stelle. Andrea se ne stava seduto in penombra, proprio nel punto esatto in cui il buio di quella stanza giocava con la luce fioca della lampada.
Lui smontava con la massima cura, pezzo dopo pezzo, il suo mitragliatore Beretta Sc 70, una macchina da piombo, seicentocinquanta colpi in un solo minuto di calibro 5,6.
Stella lo osservava, quasi con ammirazione,finché il colpo secco del caricatore innestato nel mitra, ruppe per un attimo quello strano silenzio.
“Molto più in alto del Presidente del Consiglio” – disse Andrea con voce roca. “A chi ti riferisci? Forse al Presidente della
Repubblica?” – rispose Stella. “Bisogna colpire subito e in alto, la più importante carica istituzionale del nostro alleato, il paese amico per eccellenza”. Andrea lo rimarcò con fare sornione e con il sorriso sulle labbra.
Dei militanti dei Nuclei Combattenti, erano rimasti solo in quattro ancora in libertà. Il blitz delle forze speciali, quello dell’agosto dell’anno prima, li aveva definitivamente sconfitti, annientati. Per anni avevano organizzato attentati, omicidi, ferimenti, colpito giudici, magistrati, consulenti del Governo, giornalisti. Centinaia di morti, migliaia di feriti in una sorta di guerra civile che aveva coinvolto giovani che ai tempi erano poco più che ventenni. Molti vennero arrestati.
Altri uccisi in conflitti a fuoco con le armi in pugno. I pentiti raccontarono agli inquirenti lo schema organizzativo del gruppo. Gli irriducibili vennero condannati al buio di carceri speciali, senza alcun contatto con il mondo esterno, chiusi nel loro silenzio.
Loro no, non li presero mai. Forse perché negli anni di piombo erano troppo giovani e nei Nuclei Combattenti coprivano ruoli secondari. Coperture logistiche e qualche sparo.