ROBERTO FRANCESCHI Processo di Polizia

Daniele Biacchessi

Baldini Castoldi Dalai 2004

 

La storia del ragazzo Franceschi non conta solo per ieri,vale per oggi e per domani.

E non riguarda solo la tarlata giustizia, ma il buongoverno nel suo complesso perché sono proprio inutili le generiche affermazioni da cui siamo continuamente travolti, se poi, in concreto, si usa solo indifferenza e non ci si scandalizza più dei fatti scandalosi.

(Corrado Stajano, La credibilità delle istituzioni, Il Messaggero,15 luglio 1979) La democrazia non è soltanto governo “del popolo” ma anche governo ”in pubblico”.

Per questo la democrazia deve essere il regime della verità, nel senso della piena conoscenza dei fatti da parte di tutti…La democrazia, la verità è figlia della trasparenza.

Un grande giudice della Corte Suprema degli Stati Uniti, Louis Brandeis, ha scritto che:

“ la luce del sole è il miglior disinfettante”

(Stefano Rodotà, la trasparenza sale della democrazia, La Repubblica, 27 marzo 2004)

…i risultati delle prime indagini – quelle cioè destinate a raccogliere gli elementi più utili perché svolte “a caldo” quando le possibilità di dispersione o di inquinamento

delle prove sono improbabili – furono deludenti o, peggio ancora, poco affidanti perché gravemente sospetti di interessata manipolazione. Questo grave handicap iniziale

ha finito poi, nonostante ogni sforzo contrario diretto a neutralizzarlo, per pesare

negativamente nell’ulteriore corso della formale istruzione,

iniziata ad un mese di distanza dai fatti.

(Dalla sentenza che ha chiuso la fase istruttoria del processo, dicembre 1976)

 

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Gian Paolo Serino, La Repubblica.

“Daniele Biacchessi racconta un’Italia che sembra ormai vivere in una perenne ri(e)mozione forzata. Con la voce e la potenza di uno scrittore che è l’unico erede della narrativa civile di Pier Paolo Pasolini.”

Bruno Ventavola, La Stampa.

“Non gli servono effetti speciali. Bastano la sua voce e la musica di un paio di amici. Perché è la storia d’Italia, quella più fosca, più scomoda, più vergognosa, ad accapponare la pelle del pubblico.”

Lionello Mancini, Il Sole 24ore.

“Le pièce teatrali d’impegno civile di Biacchessi vorrebbero essere un contributo a scostare le ante del Paese da quel muro che ne impedisce l’apertura «perché – riflette l’autore – una società che non può fare i conti col passato, non comprende il proprio presente e non può progettare il futuro.”

Diego Carmignani, Terra.

“Il suo stile comunicativo usa moduli differenti, spaziando tra musica e teatro. Quanto ai contenuti, resta coerente con l’idea che linguaggi diversi possano rendere più efficace la ricostruzione e la denuncia delle tante malefatte italiane. In nome di una verità che dovrebbe coincidere con la giustizia.”

L’Eco di Bergamo.

“La parola di Daniele Biacchessi è netta. Intagliata in una voce pastosa e un filo affannata, perfetta per la radio, ma non priva di efficacia in scena.“

Maddalena Tuffarulo, Tabloid.

“La sua vitalità artistica è un continuo fluire tra teatro e musica. Due mondi paralleli e di medesima estensione della sau poliedrica identità che da sempre corre su tre binari: ricerca della verità, memoria e identità, ovvero le persone al centro dei racconti“

Andrea Liparoto, Anpi.it

“Daniele, allora, porta in giro per l’Italia il suo racconto con un tenace piglio da fresco cantastorie della memoria che attira e tira verso promettentissime prospettive di rigenerazione. Scrive all’inizio del libro “Orazione civile per la Resistenza: “Dedico questo libro agli studenti che nei teatri e negli auditorium sono venuti in camerino a cercare da me spiegazioni, percorsi bibliografici e informatici… A quanti in silenzio hanno ascoltato le mie narrazioni”. Gli studenti, i ragazzi.“

Davide Turrini, Il Fatto Quotidiano.

“Storia, e orazione, intessute prima di tutto dai luoghi delle stragi (da Boves in Piemonte all’Hotel Meina sul Lago Maggiore, da Marzabotto a Sant’Anna di Stazzema fino alle Fosse Ardeatine), poi di date e di cifre di morte. Numeri disegnati col sangue di partigiani e semplici civili, donne, vecchi e bambini, condannati a morte da un esercito invasore che in un triennio esercitò un’inaudita violenza cancellando dalla faccia della terra l’essenza stessa del senso dell’esistenza umana.“

Mario Avagliano, storico.

“Biacchessi è curioso, un cercatore di verità. Da buon cronista, si era sempre chiesto chi fosse il fascista con le mani dietro la nuca , trascinato per le strade di Milano da alcuni partigiani armati, ritratto nella fotografia sulla copertina del saggio “Il sangue dei vinti” di Giampaolo Pansa. Nella didascalia del libro di Pansa, in seconda di copertina, si parla genericamente di “fascista ucciso il 28 aprile 1945”. Biacchessi non si è accontentato. Così è andato negli archivi e si è messo alla ricerca di questa immagine. Scartabella che scartabella, eureka!, l’ha trovata. Ed ha scoperto che si trattava di Carlo Barzaghi, l’autista di Franco Colombo, il comandante della legione autonoma mobile Ettore Muti di Milano. Barzaghi non è quindi un fascista qualsiasi, un innocente ucciso nei giorni dell’aprile 1945. È un esponente di spicco della Repubblica di Salò e si è macchiato di vari reati.“

Laura Tussi, Peacelink.

“Biacchessi dedica l’Orazione Civile per la Resistenza ai giovani che ha incontrato al termine dei suoi spettacoli di teatro civile. A tutti i giovani che gli hanno fatto perdere treni per soddisfare domande, dubbi e che hanno implicitamente o anche involontariamente, suggerito idee, richiesto spiegazioni, percorsi bibliografici e informatici e che hanno ascoltato in silenzio le narrazioni.”