10,25 Cronaca di una strage

Daniele Biacchessi

Gamberetti editore 2000

 

L’orologio segna le 10,25.

Lo scoppio…. Il rumore assordante…..Il vuoto d’aria…….tutto schizza e si sbriciola…..le traversine dei binari si divelgono …..la sala d’aspetto di seconda classe si sgretola………Il ristorante va in pezzi……le grida di aiuto……..altre piccole esplosioni……….La morte…….Il silenzio…….e poi le grida degli innocenti. Alla stazione di Bologna c’è l’angoscia. La prima ambulanza arriva alle 10,27. Poi ne giungono altre, e altre ancora. Sirene che nascondono la rabbia di una città colpita al cuore. Da lontano si intravedono uomini in divisa rossa, vigili del fuoco e volontari, soldati, carabinieri, poliziotti, gente comune. Sotto una parte rimasta intatta della stazione, l’orologio si è fermato. Arrivano i mezzi di soccorso, le scale, le pale. Ogni cosa serve a ritrovare i superstiti. Qualche anno dopo scriverà Torquato Secci: “Ed è stato, da allora, un accorrere incessante di medici, infermieri, carabinieri, vigili del fuoco, in un frastuono di sirene, in un vortice di gente impazzita che usciva terrorizzata dall’edificio colpito a morte, che cercava di entrarvi alla ricerca di un figlio, di una madre, di un parente, di un amico. Ragazzi stranieri, che attendevano una coincidenza per il mare, si chiamavano per nome e non si ritrovavano più. Dalle macerie estraevano gli zaini insanguinati e le salme di compagni di viaggio, degli amici che erano venuti a concludere a Bologna, in una calda mattinata d’agosto, la loro breve esistenza…..” Si sente il rumore assordante delle ruspe che cercano tra le macerie. Scavano. Tutti sperano di udire da qualche anfratto, tra le traversine, un lamento. La zona è bloccata, circondata da un cordone di militari. E lì intorno detriti di ogni tipo, vetri frantumati, persone smarrite. Molti corpi sono ancora nel sottopassaggio che porta al terzo binario, sotto i mattoni infranti della sala d’aspetto, del ristorante, della biglietteria. Due carrozze del treno straordinario 13534 Ancona-Basilea sono sventrate. Doveva partire due minuti dopo ma l’esplosione lo ha travolto. Nell’atrio delle partenze, militari e vigili del fuoco accatastano tutto: scarpe, zoccoli, borse, bagagli abbandonati, sacchetti di plastica con un po’ di frutta, un orologio.

 

 

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Gian Paolo Serino, La Repubblica.

“Daniele Biacchessi racconta un’Italia che sembra ormai vivere in una perenne ri(e)mozione forzata. Con la voce e la potenza di uno scrittore che è l’unico erede della narrativa civile di Pier Paolo Pasolini.”

Bruno Ventavola, La Stampa.

“Non gli servono effetti speciali. Bastano la sua voce e la musica di un paio di amici. Perché è la storia d’Italia, quella più fosca, più scomoda, più vergognosa, ad accapponare la pelle del pubblico.”

Lionello Mancini, Il Sole 24ore.

“Le pièce teatrali d’impegno civile di Biacchessi vorrebbero essere un contributo a scostare le ante del Paese da quel muro che ne impedisce l’apertura «perché – riflette l’autore – una società che non può fare i conti col passato, non comprende il proprio presente e non può progettare il futuro.”

Diego Carmignani, Terra.

“Il suo stile comunicativo usa moduli differenti, spaziando tra musica e teatro. Quanto ai contenuti, resta coerente con l’idea che linguaggi diversi possano rendere più efficace la ricostruzione e la denuncia delle tante malefatte italiane. In nome di una verità che dovrebbe coincidere con la giustizia.”

L’Eco di Bergamo.

“La parola di Daniele Biacchessi è netta. Intagliata in una voce pastosa e un filo affannata, perfetta per la radio, ma non priva di efficacia in scena.“

Maddalena Tuffarulo, Tabloid.

“La sua vitalità artistica è un continuo fluire tra teatro e musica. Due mondi paralleli e di medesima estensione della sau poliedrica identità che da sempre corre su tre binari: ricerca della verità, memoria e identità, ovvero le persone al centro dei racconti“

Andrea Liparoto, Anpi.it

“Daniele, allora, porta in giro per l’Italia il suo racconto con un tenace piglio da fresco cantastorie della memoria che attira e tira verso promettentissime prospettive di rigenerazione. Scrive all’inizio del libro “Orazione civile per la Resistenza: “Dedico questo libro agli studenti che nei teatri e negli auditorium sono venuti in camerino a cercare da me spiegazioni, percorsi bibliografici e informatici… A quanti in silenzio hanno ascoltato le mie narrazioni”. Gli studenti, i ragazzi.“

Davide Turrini, Il Fatto Quotidiano.

“Storia, e orazione, intessute prima di tutto dai luoghi delle stragi (da Boves in Piemonte all’Hotel Meina sul Lago Maggiore, da Marzabotto a Sant’Anna di Stazzema fino alle Fosse Ardeatine), poi di date e di cifre di morte. Numeri disegnati col sangue di partigiani e semplici civili, donne, vecchi e bambini, condannati a morte da un esercito invasore che in un triennio esercitò un’inaudita violenza cancellando dalla faccia della terra l’essenza stessa del senso dell’esistenza umana.“

Mario Avagliano, storico.

“Biacchessi è curioso, un cercatore di verità. Da buon cronista, si era sempre chiesto chi fosse il fascista con le mani dietro la nuca , trascinato per le strade di Milano da alcuni partigiani armati, ritratto nella fotografia sulla copertina del saggio “Il sangue dei vinti” di Giampaolo Pansa. Nella didascalia del libro di Pansa, in seconda di copertina, si parla genericamente di “fascista ucciso il 28 aprile 1945”. Biacchessi non si è accontentato. Così è andato negli archivi e si è messo alla ricerca di questa immagine. Scartabella che scartabella, eureka!, l’ha trovata. Ed ha scoperto che si trattava di Carlo Barzaghi, l’autista di Franco Colombo, il comandante della legione autonoma mobile Ettore Muti di Milano. Barzaghi non è quindi un fascista qualsiasi, un innocente ucciso nei giorni dell’aprile 1945. È un esponente di spicco della Repubblica di Salò e si è macchiato di vari reati.“

Laura Tussi, Peacelink.

“Biacchessi dedica l’Orazione Civile per la Resistenza ai giovani che ha incontrato al termine dei suoi spettacoli di teatro civile. A tutti i giovani che gli hanno fatto perdere treni per soddisfare domande, dubbi e che hanno implicitamente o anche involontariamente, suggerito idee, richiesto spiegazioni, percorsi bibliografici e informatici e che hanno ascoltato in silenzio le narrazioni.”