Daniele Biacchessi
Editori Riuniti 1998
Mercoledì 17 maggio 1972. Ore 7, 30. Milano si alza con la sveglia puntata, alla stessa ora, quella di sempre.
La radio parla di traffico intenso sulla tangenziale, di qualche incidente in città.
Il terreno è scivoloso, si prevedono pioggia e grandine in mattinata.
Lo speaker racconta le notizie del giorno: un operaio di Dalmine che cade da un’impalcatura, la visita di Nixon a Mosca, l’isolamento da Huè, in Vietnam, della base americana di Danang, lo sciopero di trecentomila statali. Siamo nel mezzo di una settimana come tante.
I taxisti si recano alla solita fila in Stazione Centrale, portano uomini di affari negli aeroporti, borse zeppe di carte, agende, appuntamenti.
C’è la metropolitana stracarica di persone, la linea 1, quella che va da Sesto San Giovanni a Lotto. I filobus 90 e 91, che percorrono la circonvallazione esterna, sono presi d’assalto.
Corrono in ogni direzione, ognuno per la propria strada.
Vanno via, veloci con le mani ficcate in tasca, il bavero alzato e il giornale tra le braccia.
Poi consumano le colazioni in fretta, un cappuccino, una pasta, il biglietto del tram.
Alle 9 i mezzi pubblici sono già vuoti. Milano è ormai dentro alle fabbriche .
Si sente il respiro affannoso degli altoforni di Sesto, i torni e le frese della Falck, il carico e lo scarico dei camion della Pirelli Bicocca, i rumori metallici della Breda.
Anche i telefoni degli uffici del centro iniziano a squillare. Sono le 9, 15.
Un suono acuto: è il ricevitore della centrale operativa di via Fatebenefratelli, sede della Questura.
La voce, lontana e metallica, giunge dalla radio di un equipaggio della squadra volante della polizia.
“C’è un uomo ferito da colpi di pistola in via Cherubini” – dice concitato – “bisogna trasportarlo all’Ospedale San Carlo”. Alla Centrale chiedono spiegazioni, fatti, nomi.
“E’ il commissario Luigi Calabresi, ferito da colpi di pistola, sta sanguinando dal capo, chiamate altre vetture, che arrivino subito, fate presto, non si può perdere un attimo”.
La Centrale Operativa da l’allarme ma ormai è troppo tardi.
I poliziotti che giungono in via Cherubini 6 trovano un uomo privo di sensi, ricurvo, col volto sporco di sangue, le punte dei piedi e le ginocchia appoggiate al suolo, il braccio sinistro piegato sotto il petto e la spalla inclinata verso terra.
Il commissario Calabresi cade tra la sua 500 rossa e una Opel Kadett, parcheggiate con la parte anteriore accostata allo spartitraffico.
“Mandateci un’autoambulanza, fate presto”- strilla l’agente dalla radio – “forse si riesce a salvare”. Passano pochi minuti e il ferito viene trasportato al San Carlo da un auto della Croce Bianca.
Dentro ci sono i lettighieri Zamproni e Bassi.
Calabresi muore alle 9, 47 mentre l’ infermiere Monteleone e la dottoressa Rosaria Crapis tentano la rianimazione con la bombola d’ossigeno.