Associazione la Lokomotiva 2010
Quando gli amici dell’associazione Lokomotiva mi hanno chiesto di contribuire ai progetti per la costruzione di pozzi in Africa ho pensato ad un libro che potesse contenere tutti i testi di teatro scritti e portati in scena sui palchi italiani dal 2004 ad oggi.
Tutto nasce l’estate del 2004 quando Gino Perri di Arci Metromondo di Milano mi chiede di seguire il loro viaggio a Cuba con un testo che raccontasse la memoria italiana.
“Sai, portiamo solidarietà concreta alle Case della Cultura cubane, alla popolazione, ma non riusciamo mai a spiegare cosa è accaduto davvero in Italia”, mi ha detto Gino.
Così è nato il testo de “La storia e la memoria”, il primo e unico spettacolo di teatro civile italiano nato in spagnolo. E’ venuto fuori un monologo da 50 minuti. Il 19 luglio 2004 sbarco all’aeroporto Jose Martì di L’Avana, una doccia veloce in hotel, poi via con un taxi verso Miramar.
Al Parque Almendares già mi attendevano per le prove. Nel mio zaino avevo un microfono ad archetto, un lettore musicale portatile, un cd con i brani scelti per ogni quadro. Poi di sera si spengono le luci e inizio il racconto con il girotondo dei bambini a Sant’Anna di Stazzema, il 12 luglio 1944. Una storia diventata mia, nel corso del tempo.
“Giro giro tondo casca il mondo casca la terra tutti giù per terra. Poco prima avevano scritto i loro sogni su dei fogli di carta…poche righe…..”
Le corde vocali iniziavano a cedere sotto i colpi delle emozioni. Mi hanno aiutato i cubani con i loro applausi, continui, fragorosi. Un pubblico passionale e colto che mi ha fatto capire quanto sia importante il peso della parola. Dopo L’Avana, ho fatto repliche a Trinidad (Casa della Cultura), Nichero e sulla tomba di Josè Marti. Dopo quel viaggio ho proseguito il racconto viaggiando in lungo e in largo l’Italia, da solo o con l’inseparabile amico e sassofonista Michele Fusiello. Oltre duecento spettacoli in ogni luogo: dalla sala d’aspetto di seconda classe della stazione di Bologna al museo della memoria di Sant’Anna di Stazzema, alla Fondazione di pace di Marzabotto, in piazza della Loggia a Brescia. Da quel giorno ho messo in scena con successo decine di drammaturgie su storie italiane spesso dimenticate, accompagnato alcune volte dal sax voce di Michele Fusiello, altre volte dal pianoforte jazz di Gaetano Liguori, dal 2008 dalle straordinarie canzoni di Marino e Sandro Severini dei Gang, ultimamente da quelle di Andrea Sigona.
Le stragi contro civili a Sant’Anna di Stazzema, Marzabotto, Fivizzano. Le bombe in Piazza Fontana, Questura di Milano, Italicus, Rapido 904, Brescia, Bologna, via dei Georgofili a Firenze, via Palestro a Milano.
Gli omicidi di Giorgio Ambrosoli, Libero Grassi, Peppino Impastato, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, Fausto e Iaio. I drammi ambientali di Seveso e le morti bianche, quelle sul lavoro. Le cronache del ’68 e i misteri sulla morte del cantautore Luigi Tenco.
Scenografie semplici, essenziali. Spesso sono immagini in movimento che scorrono per tutto il monologo. Modalità di narrazione all’improvviso, a metà tra teatro e radio, dove l’utilizzo di fonti sonore d’archivio diventa il colpo d’effetto che scuote il pubblico: il sonoro della bomba di Brescia, la voce del mafioso inviato da Michele Sindona che minaccia di morte Giorgio Ambrosoli, la cronaca dell’invasione russa a Praga dalla radio cecoslovacca, la voce dell’inviato della Cbs a Mai Lai in Vietnam durante un rastrellamento di marines.
In questi anni ho narrato ovunque, davanti ad ogni pubblico possibile. Ho raccontato la memoria italiana in luoghi simbolici, in piazze e in strade, in teatri stabili e teatri off, auditorium comunali, aule magne di scuole inferiori, superiori, università, stazioni, aeroporti, chiese sconsacrate, chiese barocche, chiostri rinascimentali, cortili di borghi medievali, in parchi, centri giovanili, centri sociali occupati, feste di partito, riunioni pubbliche di associazioni.
Perché nel mio teatro i luoghi contano, sono fondamentali, funzionali alla rappresentazione. Perché raccontare e narrare significa trasformare la memoria da oggetto di conservazione in cosa viva.