Un attimo vent’anni

Daniele Biacchessi

Pendragon 2001

 

Siete mai stati in una stazione d’agosto?. Il caldo che non da tregua, la confusione sotto le pensiline, gente in fila per un biglietto, qualcuno che perde il treno, altri che trovano la loro coincidenza, altri ancora che aspettano figli, nipoti, nonni, madri, parenti lontani. Taxi che attendono sotto il sole. Arrivi e partenze, sogni e speranze, voglia di mare e riposo. E’ l’immagine di una stazione d’agosto. Nulla è diverso alle 10,25 del 2 agosto 1980,a Bologna. Nella sala d’aspetto di seconda classe c’è chi legge,i bimbi non stanno fermi e corrono felici, i loro genitori li guardano orgogliosi, i boys scout sono accampati in un angolo,un signore osserva il tabellone. C’è chi fuma una sigaretta e chi si incontra per la prima volta o si rivede dopo anni. Qualcuno deve raggiungere città lontane. Storie di gente comune, di vita quotidiana, in una stazione come tante altre,a quell’ora, nel mondo. Volti, occhi, mani, sguardi, discorsi. Persone che volevano vivere un’estate tranquilla. Accadeva 21 anni fa alla stazione di Bologna, prima che qualcosa la trasformasse in una grande fabbrica di dolore e di morte.

Quanto può essere grande il potere distruttivo di venti, venticinque  chilogrammi di esplosivo Compound B?. Un uomo ha approfittato di quella confusione, è entrato nella sala d’aspetto di seconda classe, forse ha perfino salutato chi era lì seduto, ha piazzato la valigia accanto al muro portante e se n’è andato,volatilizzato. Pochi minuti. Per fare una strage,ci vogliono coperture,soldi, documenti falsi, competenze militari, mesi di preparazione, un’organizzazione di tipo criminale alle spalle. Poi bisogna fuggire, nascondersi in luoghi sicuri, avere a disposizione case, appartamenti. Alla stazione di Bologna, una bomba ha distrutto, dilaniato, sepolto, disintegrato uomini, donne, bambini, suppellettili, travi, binari, treni e cose. 85 morti, oltre 200 feriti. La strage più grave in Italia, in tempo di pace. Non era la prima volta. Quell’urlo di morte lo abbiamo sentito in Piazza Fontana, Piazza della Loggia a Brescia, a Peteano, sul treno Italicus, sul rapido 904, in via dei Georgofili a Firenze e in via Palestro a Milano. Stragi che si consumavano nelle stagioni dei grandi cambiamenti politici,durante le trasformazioni sociali del Paese. La strage di Bologna è però il simbolo di tutti quegli avvenimenti. Non solo per la quantità di morti e feriti. Non solo per l’obiettivo chiaro e trasparente:Bologna,il crocevia di tutti i binari che portano gente da Nord verso Sud, da Sud verso Nord, lo snodo ferroviario più importante.  Quella strage è stata eseguita in una stazione d’agosto. Per fare una carneficina. Nulla sarebbe stato più come prima.

 

 

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Gian Paolo Serino, La Repubblica.

“Daniele Biacchessi racconta un’Italia che sembra ormai vivere in una perenne ri(e)mozione forzata. Con la voce e la potenza di uno scrittore che è l’unico erede della narrativa civile di Pier Paolo Pasolini.”

Bruno Ventavola, La Stampa.

“Non gli servono effetti speciali. Bastano la sua voce e la musica di un paio di amici. Perché è la storia d’Italia, quella più fosca, più scomoda, più vergognosa, ad accapponare la pelle del pubblico.”

Lionello Mancini, Il Sole 24ore.

“Le pièce teatrali d’impegno civile di Biacchessi vorrebbero essere un contributo a scostare le ante del Paese da quel muro che ne impedisce l’apertura «perché – riflette l’autore – una società che non può fare i conti col passato, non comprende il proprio presente e non può progettare il futuro.”

Diego Carmignani, Terra.

“Il suo stile comunicativo usa moduli differenti, spaziando tra musica e teatro. Quanto ai contenuti, resta coerente con l’idea che linguaggi diversi possano rendere più efficace la ricostruzione e la denuncia delle tante malefatte italiane. In nome di una verità che dovrebbe coincidere con la giustizia.”

L’Eco di Bergamo.

“La parola di Daniele Biacchessi è netta. Intagliata in una voce pastosa e un filo affannata, perfetta per la radio, ma non priva di efficacia in scena.“

Maddalena Tuffarulo, Tabloid.

“La sua vitalità artistica è un continuo fluire tra teatro e musica. Due mondi paralleli e di medesima estensione della sau poliedrica identità che da sempre corre su tre binari: ricerca della verità, memoria e identità, ovvero le persone al centro dei racconti“

Andrea Liparoto, Anpi.it

“Daniele, allora, porta in giro per l’Italia il suo racconto con un tenace piglio da fresco cantastorie della memoria che attira e tira verso promettentissime prospettive di rigenerazione. Scrive all’inizio del libro “Orazione civile per la Resistenza: “Dedico questo libro agli studenti che nei teatri e negli auditorium sono venuti in camerino a cercare da me spiegazioni, percorsi bibliografici e informatici… A quanti in silenzio hanno ascoltato le mie narrazioni”. Gli studenti, i ragazzi.“

Davide Turrini, Il Fatto Quotidiano.

“Storia, e orazione, intessute prima di tutto dai luoghi delle stragi (da Boves in Piemonte all’Hotel Meina sul Lago Maggiore, da Marzabotto a Sant’Anna di Stazzema fino alle Fosse Ardeatine), poi di date e di cifre di morte. Numeri disegnati col sangue di partigiani e semplici civili, donne, vecchi e bambini, condannati a morte da un esercito invasore che in un triennio esercitò un’inaudita violenza cancellando dalla faccia della terra l’essenza stessa del senso dell’esistenza umana.“

Mario Avagliano, storico.

“Biacchessi è curioso, un cercatore di verità. Da buon cronista, si era sempre chiesto chi fosse il fascista con le mani dietro la nuca , trascinato per le strade di Milano da alcuni partigiani armati, ritratto nella fotografia sulla copertina del saggio “Il sangue dei vinti” di Giampaolo Pansa. Nella didascalia del libro di Pansa, in seconda di copertina, si parla genericamente di “fascista ucciso il 28 aprile 1945”. Biacchessi non si è accontentato. Così è andato negli archivi e si è messo alla ricerca di questa immagine. Scartabella che scartabella, eureka!, l’ha trovata. Ed ha scoperto che si trattava di Carlo Barzaghi, l’autista di Franco Colombo, il comandante della legione autonoma mobile Ettore Muti di Milano. Barzaghi non è quindi un fascista qualsiasi, un innocente ucciso nei giorni dell’aprile 1945. È un esponente di spicco della Repubblica di Salò e si è macchiato di vari reati.“

Laura Tussi, Peacelink.

“Biacchessi dedica l’Orazione Civile per la Resistenza ai giovani che ha incontrato al termine dei suoi spettacoli di teatro civile. A tutti i giovani che gli hanno fatto perdere treni per soddisfare domande, dubbi e che hanno implicitamente o anche involontariamente, suggerito idee, richiesto spiegazioni, percorsi bibliografici e informatici e che hanno ascoltato in silenzio le narrazioni.”